Gli anniversari sono occasioni per ricordare, per rivivere e trovare significati che il tempo tende a sbiadire. Ci troviamo quest’oggi riuniti in questo incontro per celebrare un evento che fino ad oggi ha ottenuto nella storia dell’umanità ben poca risonanza, ma che per noi Bahá’i riveste un significato particolare e speciale. Oggi siamo qui a parlare di “una storia dei nostri tempi su un tema insolito, una storia ricca d’amore e di felicità, d’ispirazione e di forza che narra di trionfi già ottenuti e di ancor più grandi trionfi futuri. Pur raccontando cupe tragedie, alla fine non lascia l’umanità di fronte a un fosco e arduo avvenire, ma mentre esce dall’ombra per imboccare la strada maestra di un inevitabile destino che la condurrà verso i cancelli aperti della Città promessa della Pace eterna.” (Dio Passa nel Mondo p. V) Il periodo preso in esame “…gravita attorno alla gentile, giovane, irresistibile figura del Báb, incomparabile nella Sua mitezza, imperturbabile nella Sua serenità, magnetico nel Suo linguaggio, impareggiabile per i drammatici episodi del Suo breve e tragico ministero. Ha inizio con la dichiarazione della Sua Missione, culmina nel Suo martirio e si conclude con una vera orgia di massacro religioso di rivoltante ferocia. È caratterizzato da nove anni di lotte aspre e ininterrotte, il cui teatro fu l’intera Persia, in cui persero la vita oltre diecimila eroi, cui parteciparono due sovrani della dinastia Qájár e i loro malvagi ministri e che furono sostenute dall’intera gerarchia ecclesiastica sciita, dalle risorse militari dello stato e dall’implacabile ostilità delle masse.” La riflessione che desidero proporre per questa occasione non è una ricerca storica degli avvenimenti che sono accaduti in questo periodo, informazioni che sono accessibili ad ogni leale e sincero ricercatore nelle parole e negli scritti delle figure centrali della nostra fede, bensì vorrei soffermarmi sull’effetto che ha generato su ciascuno di noi la conoscenza e la presa di coscienza di un evento la cui portata ancora non abbiamo potuto apprendere nella sua interezza. Storicamente siamo nell’anno 1819, il 20 ottobre, quando è nato Siyyid ‘Alí- Muhammad, a Shiraz nell’attuale Iran. Il 1800 è notoriamente un momento particolarmente fertile e vivace da un punto di vista storico, un momento di cambiamenti epocali: si dice che le scoperte scientifiche e tecnologiche, avvenute in quel secolo superino in numero quelle avvenute nei secoli precedenti. Cosa significa per noi apprendere queste notizie, e soprattutto quale è il comportamento che possiamo mettere in atto? Una risposta a tutto questo possiamo trovarla nel nostro cuore e nelle meditazioni che solitamente ci troviamo a compiere durante il tempo che dedichiamo alle nostre preghiere. “La più importante prova di un Profeta è sempre Lui Stesso e l’efficacia della Sua parola.” (Dio Passa nel Mondo, p. VI) Leggendo un brano che ci viene offerto che significato riusciamo a far scaturire? “Chi vuol comprendere un testo, [o un avvenimento contenuto in un testo], deve essere pronto a lasciarsi dire qualcosa da esso. Perciò [una persona educata ad ascoltare la voce di Dio lascia spazio a ciò che l’altro, in questo caso il testo, vuole trasmettergli]” Questa sensibilità presuppone che ci sia la disponibilità a cogliere in
questo cammino quanto di diverso possiamo incontrare, per attraversare “le tappe che segnano il viaggio del viandante dalla dimora della polvere alla patria celeste…Alcuni le hanno chiamate le Sette Valli ed altri le Sette Città. E si dice che fino a che il viandante non si sia separato dall’io e non abbia oltrepassato queste tappe, non giungerà mai all’oceano della vicinanza e dell’unione, né berrà l’incomparabile Vino.” (Baha’u’allah, Sette Valli p. 6) Cosa significano per noi queste parole, cosa ci ricordano? Sicuramente ci invitano a distaccarci da questo mondo, ad acquisire quelle virtù che ci permettono di avvicinarci a questo eroico personaggio con uno spirito diverso. Per poter cominciare a fare questo cammino ci viene consigliato di “mondarsi e purificarsi il cuore, che è la sede della rivelazione dei profondi misteri di Dio, dalla polvere ottenebrante di tutta la sapienza acquisita e dalle allusioni delle personificazioni di fantasie sataniche.” Cominciamo questo viaggio leggendo un brano conosciuto alla maggior parte di noi, è mio desiderio che nell’intraprendere questo cammino facciamo tutti uno sforzo per porci di fronte a questo testo con l’attitudine del distacco e della preghiera. “Mírzà `Alí-Muhammad, Che in seguito assunse il titolo di Bàb (Porta), nacque a Shíràz, nel sud dell’Iran. il 20 ottobre 1819. Egli era un Siyyid, cioè un discendente del profeta Maometto. Suo padre, mercante ben conosciuto, mori poco dopo la Sua nascita, sicché Egli fu affidato alle cure di uno zio materno, anche lui mercante, che Lo allevò. Nell’infanzia imparò a leggere ricevendo l’istruzione elementare che si dava ai ragazzi. All’età di quindici anni entrò negli affari, prima col Suo tutore e poi con un altro zio che viveva a Búshihr sul Golfo Persico. Da giovane fu noto per la beltà, per le maniere affascinanti e per la pietà sovrumana e la grande nobiltà di carattere. Era scrupolosissimo nell’osservanza delle preghiere, dei digiuni e delle altre prescrizioni della religione musulmana: non obbediva soltanto alla lettera, ma viveva nello spirito degli insegnamenti del Profeta. Si sposò all’età di 22 anni e da questo matrimonio nacque un figlio che morì bambino durante il primo anno del Suo apostolato.” (Esslemont, p. 37-8) “Esaminando gli episodi del primo atto di questo sublime dramma, vediamo la figura del suo eroico Protagonista, il Báb, sorgere come una meteora sull’orizzonte di Shíráz, attraversare da sud a nord il fosco cielo della Persia, declinare con tragica rapidità e perire in uno sfolgorio di gloria. Vediamo i Suoi satelliti, una galassia di eroi ebbri di Dio, levarsi dal medesimo orizzonte, irradiare la medesima incandescente luce, bruciare con la medesima rapidità e, a loro volta, conferire nuovo impeto all’incalzante avanzata della nascente Fede di Dio.” (Dio Passa nel Mondo, p. 4) Quando recitiamo una preghiera da lui rivelata, come questa: “CHI può rimuovere le difficoltà eccetto Dio? Dite: Lodato sia Iddio! Egli è Dio! Tutti sono Suoi servi e tutti stanno al Suo comando!” (Antologia, p. 187) cosa riecheggia nel nostro cuore? Crediamo veramente a quello che diciamo? Quello che possiamo cogliere dal testo è che il Bàb non obbediva soltanto alla lettera, ma viveva nello spirito dei suoi insegnamenti, in questo caso parliamo degli insegnamenti del profeta Muhammad.
Può esserci di aiuto sapere che recitando i brani della manifestazione di Dio, sebbene subito non ce ne rendiamo conto, con il tempo essi esercitano su di noi un effetto. La costanza è di sicuro una virtù che siamo incoraggiati a perseguire, ma è sufficiente? Ritornando al testo troviamo che egli è definito “eroico”; egli rappresenta un tipo, un carattere, al quale noi possiamo rifarci e mettendo in pratica quanto egli ci incoraggia a fare diventiamo altri “tipi”, cioè esempi di quell’archetipo di eroe, che nella vita quotidiana si impegna a mettere in pratica i precetti di Dio, affrontando, con eroismo le montagne, scalandole, cadendo e rialzandoci, acquisendo in questo cammino lungo e periglioso quelle virtù che ci fanno assomigliare sempre di più a questo “tipo”, a questo modello. Vorrei chiudere la mia presentazione leggendo due brani tratti dai suoi scritti: “ADORA Iddio in tal guisa che, se pur ti sospingesse verso il fuoco, quell’adorazione non subirebbe mutamento alcuno, e altrettanto se la tua mercede fosse il paradiso. Così e così soltanto ha da essere il culto confacente all’unico Vero Dio. AdorarLo per paura sarebbe sconveniente nella Corte santificata della Sua presenza e non potrebbe essere stimato atto da te dedicato all’Unicità del Suo Essere. O se tu, mirando al paradiso, Lo adorassi con questa intima speranza, daresti a Dio la creazione per compagna, ancorché il paradiso sia ambito dagli uomini.” (Antologia p. 67) “O MIO Dio, o mio Signore, o mio Maestro! Ti supplico di perdonarmi se ho cercato altro diletto che l’amore per Te, o altro conforto oltre la vicinanza a Te, o altra delizia all’infuori del Tuo compiacimento, o altra esistenza fuor che la comunione con Te.” (Antologia p. 186)